Super Mario

Abbiamo una grande opportunità per rilanciare l’Italia verso un nuovo protagonismo in Europa e nel mondo. Ma bisogna avviare finalmente le riforme necessarie

L’Italia ha un nuovo Governo. Giuseppe Conte ha consegnato la campanella nelle mani di Mario Draghi, nella tradizionale cerimonia che segna il passaggio di consegne. Il nuovo esecutivo è arrivato al termine di un’estenuante crisi di Governo, che ha mandato per aria quella maggioranza giallo-rossa, che tra luci e qualche ombra, ha traghettato l’Italia in uno dei periodi storici più difficili della sua storia recente. L’arrivo di Draghi è un’ottima notizia, ma non è un regalo di Matteo Renzi.

Il leader di Italia Viva ha certamente causato la caduta del Governo, agitando strumentalmente le questioni più diverse (con il fine di disarcionare Conte e scassare il Pd), ma questo non ci impedisce di pensare che sia stato un gesto irresponsabile aprire una crisi al buio, in un momento così drammatico per il Paese. Alla fine, però, ci è andata bene. Al governo è arrivato Mario Draghi, come lo definisce il New York Times, “Un gigante dell’Europa”.

Il nuovo premier è riuscito, in nome dell’unità, a mettere d’accordo i quattro quinti del Parlamento, posizionandosi al terzo posto per voti favorevoli, dopo Monti e il Governo Andreotti IV (del 1978). “So che abbiamo e avete sensibilità diverse. Ma bisogna metterle da parte. L’unità qui non è un’opzione ma un dovere. La messa in sicurezza del Paese viene prima degli interessi di parte”. Il Governo Draghi ha ottenuto la fiducia al Senato con 262 voti a favore, 40 contrari e 2 astenuti, alla Camera con 535 Sì e 56 No, mentre 5 sono stati gli astenuti.

A votare contro di lui, solo Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e un nutrito gruppetto di pentastellati. Con il voto di fiducia, si è consumata la spaccatura all’interno dei 5 Stelle tra l’ala più istituzionale del Movimento, vicina ai vertici del partito, e quella più intransigente: la prima, largamente maggioritaria, ha votato la fiducia. Per i dissidenti, si è decisa l’espulsione.

I 23 Ministri del nuovo Governo sono 8 donne e 15 uomini, tra politici e tecnici. Tra i primi, 4 ministri provengono dal Movimento 5 Stelle (Di Maio, D’Incà, Dadone, Patuanelli), 3 dal Pd (Franceschini, Guerini, Orlando), 3 dalla Lega (Giorgetti, Garavaglia, Stefani), 3 da Forza Italia (Brunetta, Carfagna, Gelmini), 1 da Italia viva (Bonetti), 1 di Leu (Speranza). In alcuni dicasteri ci sono state importanti conferme: Luciana Lamorgese all’Interno, Roberto Speranza alla Salute, Luigi Di Maio agli Esteri, Lorenzo Guerini alla Difesa, Dario Franceschini alla Cultura.

Nella squadra di Draghi, c’è molta politica ma c’è anche una grande competenza, a presidio delle aree strategiche per il rilancio. Nel nuovo Governo, l’impronta dell’ex Governatore della Bce è molto forte, proprio sui Ministeri che saranno chiave nella sfida del Recovery Plan: economia (Daniele Franco), ambiente, che si chiamerà Ministero per la transizione ecologica (Roberto Cingolani), infrastrutture e trasporti (Enrico Giovannini), istruzione (Patrizio Bianchi), università e ricerca (Cristina Messa). Poi c’è il Ministro Vittorio Colao, che ha le deleghe all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale che, pur essendo un dicastero senza portafoglio, avrà un ruolo centrale nella spesa dei fondi del Next Generation EU.

Fondamentale sarà anche il ruolo del Ministro “tecnico” per eccellenza, l’ex Presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia. Tra gli obiettivi dell’azione di Governo, c’è la riforma della giustizia, in attuazione anche delle aspettative dell’Unione Europea, che in varie occasioni ha auspicato una maggiore efficienza del nostro sistema giudiziario. Mario Draghi è tornato più volte sul tema nei giorni scorsi, auspicando un “processo giusto e di durata ragionevole, in linea con la media degli altri paesi”.

Nel giorno della fiducia al Senato, Draghi ha presentato il proprio programma di Governo, non prima di aver ricordato, lui, il salvatore dell’euro, l’importanza di dirsi europei. “Senza l’Italia non c’è l’Europa… ma fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine”. L’ex Governatore della Bce ha ribadito in aula che “sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro”, evidenziando al leader della Lega che alcuni capisaldi non sono negoziabili.

Gli elementi chiave per rilanciare il Paese sono per Draghi uno sviluppo ambientale sostenibile, la protezione del lavoro, la scuola (restituendo finalmente centralità ai discenti), la riforma del fisco, della giustizia e della pubblica amministrazione. Una parte importante del suo discorso è stata dedicata al cambiamento climatico, al riscaldamento globale e al concetto di transizione ecologica. “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta” ha detto il neo-Premier, avvertendo che alcuni modelli di crescita utilizzati fino a questo momento dovranno cambiare: “la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. La transizione ecologica non sarà una passeggiata, le scelte saranno difficili, ma sono ineludibili.

Con i frequenti richiami al futuro, Draghi ha voluto sottolineare che l’obiettivo di oggi è avviare un percorso di riforme con la prospettiva del domani. Anche ricordando le responsabilità che nel dopoguerra le generazioni passate ebbero nel compiere quei sacrifici necessari per le generazioni future, Draghi ha rimarcato come le nostre scelte di oggi saranno decisive per il futuro dei giovani. “Spesso, mi sono chiesto se noi…abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura…È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura”.

Intanto, però, il nemico da battere è il virus. La vaccinazione di massa degli italiani è la sfida più importante per il nuovo Governo. “Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari…La velocità è essenziale”, ha specificato Draghi, “non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti”.

Un punto che deve essere chiaro e che differenzia il Governo Draghi da quello Monti è che il Capo del Governo, in questo caso, non è solo un bravo tecnico di riconosciuta competenza; ma è anche un uomo dotato di sensibilità politica fuori dal comune. Quando SuperMario pronunciò le famose tre parole (“Whatever it takes), aveva in realtà già negoziato con la Merkel quel cambio di policy che non era certo nelle corde degli austeri teutonici. E, su richiesta di Angela, convinse anche i riottosi e ipernazionalisti democristiani bavaresi.

La sfida è dunque verificare se tenere nella stessa squadra Leu e Lega sia più o meno difficile che convincere i tedeschi che una politica monetaria espansiva era conveniente anche per loro…

I fronti sui quali vale la pena tenere un faro acceso, per dedurne la durata del Governo, sono due: la percezione di Matteo Salvini che la sua personalissima sanificazione in chiave europea stia riuscendo, da un lato; la ricomposizione di una linea politica convincente e condivisa dalla base, tra i 5 Stelle, dall’altro. Due saranno anche i passaggi elettorali cruciali: le Amministrative di quest’estate (Roma, Milano, Napoli e altre grandi città) e l’elezione del Presidente della Repubblica nel 2022.

Riuscirà Super Mario, con il suo stile di comunicazione super asciutto (niente social, niente interviste, dichiarazioni centellinate) a tenere unito il Paese in uno dei momenti più drammatici dal dopoguerra, solo facendo leva sulla fiducia degli Italiani nella sua competenza e affidabilità? A giudicare dalla sua grande popolarità, nei primi giorni di attività a Palazzo Chigi, sembrerebbe di sì. Certo, non basterà intensificare la campagna vaccinale. Sarà necessario anche abbozzare quel disegno di paese più moderno, più competitivo e più dinamico, che riesca non solo a trattenere i nostri migliori talenti, ma soprattutto ad attirarne tanti da altri Paesi.

Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.

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