Risale la tensione nel Caucaso

Armenia e Azerbaijan riprendono a spararsi. Urgente che Bruxelles se ne occupi!

Sale la tensione nel Caucaso tra Armenia Azerbaijan: da ieri, si combatte di nuovo nella regione autonoma del Nagorno Karabakh.

Secondo il Governo di Erevan, gli scontri sono iniziati nella notte, dopo che alcuni bombardamenti delle forze azere hanno provocato morti e feriti, bombardamenti a cui l’esercito armeno avrebbe risposto abbattendo a sua volta due elicotteri. “Annuncio di aver dichiarato la legge marziale e una mobilitazione su vasta scala di persone di età superiore ai 18 anni”, ha affermato intanto il leader della repubblica separatista Arayik Harutyunyan.

Si tratta della peggior crisi armeno-azera da quattro anni. Il Nagorno Karabakh è una regione secessionista dell’Azerbaijan popolata principalmente da armeni.

Il conflitto tra le due ex repubbliche sovietiche per il controllo della regione, dichiaratasi indipendente nel 1991 e tuttora priva di riconoscimento internazionale, è scoppiato nel 1992. Dopo il cessate-il-fuoco del 1994 – ottenuto grazie alla mediazione della Russia – le violazioni della tregua e gli scontri armati si sono ripetuti con regolarità, raggiungendo l’apice nel 2016, con la “guerra d’aprile”. In quell’occasione, l’Azerbaijan, che ha investito cifre sempre più importanti nel proprio budget militare, grazie agli introiti del petrolio, è riuscito a riappropriarsi di alcune posizioni strategiche, riuscendo a dimostrare la propria superiorità militare.

Ieri Mosca, tramite una nota del Ministero degli Esteri, ha lanciato un appello ai due contendenti: “Facciamo appello alle parti per un immediato cessate-il-fuoco e per l’avvio di negoziati che stabilizzino la situazione”. Immediata anche la reazione della Turchia – che condivide con l’Azerbaijan diversi legami religiosi, culturali e linguistici – la quale ha intimato agli armeni “di sospendere immediatamente le ostilità nei confronti dell’Azerbaijan che infiammano la regione”.

Preoccupazione anche tra i vertici europei: “L’azione militare deve finire, con urgenza, per impedire un’ulteriore escalation. Un ritorno immediato ai negoziati, senza precondizioni, è l’unico modo di procedere”, ha scritto in un tweet il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

Appartenenze nazionali e identità religiose riaffacciano periodicamente sulla scena quando il progresso economico non riesce a migliorare significativamente lo stile di vita delle comunità di riferimento. La condizione di isolamento politico che vive il Nagorno Karabakh non ne favorisce lo sviluppo ed è inimmaginabile un sostegno esterno che possa incidere.

Ancora una volta, l’unico soggetto politico che potrebbe fare la differenza è l’Unione europea, perché sarebbe accettato da entrambi i contendenti. Ma dobbiamo aspettare il salto di qualità della politica estera dell’Unione.