Il Segretario Generale dell’Onu ci spiega come rilanciare l’Organizzazione
El Pais, Die Welt e La Tribune de Geneve hanno dedicato intere pagine dell’edizione del fine settimana a un’intervista al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Anche il Financial Times ha commentato in prima pagina il 75esimo anniversario dalla fondazione delle Nazioni Unite. Si trova – con fatica (solo Repubblica ne dà un risalto ampio) – traccia di questo compleanno nella stampa nostrana, ossessionata da Covid e da polemiche politiche sulla gestione della fase 3…
Vale dunque la pena riassumere i messaggi principali che Guterres ha voluto trasmettere:
- in 75 anni, il mondo è cambiato, ma il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non ha adeguato la sua composizione a questi cambiamenti, spiegando in parte la sua semi paralisi attuale. Anche noi di eastwest sosteniamo da tempo la sostituzione del seggio francese con quello europeo e l’ingresso dell’India tra i membri permanenti. Guterres aggiunge peraltro che non è comunque vero che l’Onu sia solo un mostro burocratico. Basterebbe ricordare che in 75 anni non vi siano state guerre tra i grandi poteri e metà degli aiuti umanitari nel mondo siano canalizzati attraverso canali Onu;
- la paralisi di molte decisioni onusiane è dovuta essenzialmente alla relazione critica tra Usa, Cina e Russia. L’Unione europea deve rapidamente attrezzarsi per inserirsi e moderare queste “relazioni pericolose”. Abbiamo infatti tutti bisogno di una governance mondiale efficiente per poter fronteggiare le grandi sfide mondiali: i cambiamenti climatici, il fenomeno migratorio, la prossima pandemia….
- l’Oms può aver commesso errori di valutazione all’inizio del propagarsi del coronavirus, come molti, ma è escluso che possa aver deliberatamente occultato la verità per salvare la reputazione del Governo cinese. Al contrario, bisogna dotare l’Organizzazione di maggiori risorse, per consentirle migliore capacità di intervento, anche contro la volontà dei singoli Stati membri. Più in generale, la gestione della pandemia si misurerà anche con il ritorno progressivo alla mobilità e alle attività tradizionali. Anche la diplomazia globale può servirsi di Skype e Zoom, ma con molta minore efficacia. Per dare un impulso decisivo a negoziati cruciali come quello in Yemen o in Libia, abbiamo bisogno di tornare ai contatti umani.