Governi che non durano più di tre anni non riescono a realizzare quelle indispensabili riforme che ridiano efficienza al nostro faticoso sistema di governance
Brutte notizie sull’industria italiana da parte dell’Istat: dopo cinque anni di crescita, per la prima volta da cinque anni, nel 2019, la nostra produzione è tornata a decrescere. L’Istituto nazionale di statistica ha stimato un calo dell’1,3 % rispetto al 2018. Malissimo l’ultimo trimestre, con un calo in termini congiunturali dell’1,4%, il dato peggiore dal 2012.
La contrazione della produzione industriale nel 2019 investe quasi tutti i comparti. Vera batosta per il settore degli autoveicoli, che segnano un ribasso annuo di quasi il 14%. Si registra una forte diminuzione per i beni intermedi (-6,6%), l’energia (-6%) e i beni strumentali (-4,7%) mentre più contenuto è il decremento per i beni di consumo (-0,8%).
Si salvano in pochi: l’industria alimentare (+3%) e quella della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+2,2%).
ll Ministero dell’Economia e delle Finanze sottolinea in una nota come il rallentamento sembra attribuibile soprattutto a un indebolimento della domanda internazionale, come indicano dati simili in altri Paesi europei. La produzione industriale in Francia, a dicembre 2019, ha subito un ribasso del 3% rispetto allo stesso mese del 2018. Ancora più drastico il calo in Germania, dove la produzione, a dicembre 2019, è crollata del 6,8% rispetto a dicembre 2018.
Tutta l’economia europea ha frenato, come rivelano i numeri della produzione industriale diffusi da Eurostat. Nel mese di dicembre, rispetto a dicembre 2018, la contrazione è stata del 4,1% nella zona euro e del 3,9% nel complesso dell’Ue. Il ribasso maggiore si è registrato in Irlanda (-6,2%), in Ungheria (-3,8%) e in Polonia (-3%) mentre hanno un segno positivo la Grecia (+2,5%) il Portogallo +2,7 e la Danimarca, (+7,2%).
Non è un caso che gli unici Paesi con tassi positivi di crescita sono quelli che hanno adottato riforme profonde nel senso dell’efficientamento del sistema. Pensiamo alla Grecia, che si è liberata, grazie alle odiate politiche coordinate da Bruxelles, di inefficienze burocratiche e di fardelli insopportabili per un debito pubblico insostenibile. Lo stesso è accaduto in Portogallo, che vanta ora una processo di rinnovamento visibile anche negli edifici della capitale, tornati a splendere dopo decenni di abbandono.
Anche il nostro Paese aspetta da almeno vent’anni riforme storiche, che ridiano smalto a un settore pubblico che dovrebbe tornare a liberare quelle risorse private che siano in grado – le uniche – di rilanciare una crescita e un’occupazione sostenibili.