La guerra dei vaccini

C’è grande confusione sulle ragioni per le quali in Europa saremmo indietro ad altri Paesi quanto a cittadini vaccinati. La Prima Pagina del nuovo numero appena uscito

G7 Consiglio europeo di febbraio hanno avuto come tema dominante all’ordine del giorno la produzione e distribuzione di vaccini. C’è grande confusione sulle ragioni per le quali in Europa saremmo indietro ad altri Paesi quanto a cittadini vaccinati. Abbiamo collezionato qualche informazione dai protagonisti di queste partite e schematizziamo di seguito quanto abbiamo appreso:

  1. certamente, le campagne vaccinali sono partite prima in UK rispetto ai Paesi Ue. Come mai? La differenza è culturale: le autorità dei Paesi anglo-sassoni, con il loro approccio liberal-pragmatico, hanno concesso un’autorizzazione “con riserva” alla somministrazione dei vaccini con tre settimane di anticipo, pur non essendosi conclusa la fase di test su un numero attendibile di casi. Il Governo di Londra ha infatti ritenuto più grave il rischio di morti e ammalati derivante dalla diffusione del Covid e delle sue varianti che dalla inoculazione di vaccini non completamente testati. Questo approccio, nei nostri Paesi, sarebbe impensabile. In Europa continentale, il rispetto delle regole sanitarie viene prima di tutto e dunque mai avremmo autorizzato un vaccino “con riserva”. Avremmo rischiato il flop della campagna, con molte più persone che non avrebbero aderito, come dimostra un inchiesta condotta dalla echo chamber di David Carretta, che stabilisce come gli europei continentali hanno un indice di gradimento nei confronti dei vaccini di molto inferiore a quello registrato nel Regno, tanto che il claim della campagna Ue è stato sin dall’inizio “nessun compromesso sulla sicurezza”;
  2. Si è detto che i grandi Paesi (Cina, India, Stati Uniti, Russia) sono già avanti con le loro campagne (anche perché alcuni di loro producono vaccini) e dunque usciranno prima dall’emergenza. Guardiamo i numeri: a fine febbraio, Pechino e Delhi avevano vaccinato rispettivamente 40 e 13 milioni di persone, su un totale di 1 miliardo e 400 milioni di abitanti per ciascun paese (3,8 e 0,9 %); Washington ha vaccinato 68 mln di persone su 330 (20%), Mosca 3.9 mln su 150 (2,5%). Solo gli Stati Uniti, con l’accelerazione Biden, hanno segnato percentuali ragguardevoli. Gli altri tre paesi hanno francamente percentuali di gran lunga inferiori al nostro (6%);
  3. Londra esibisce i suoi 19 milioni di cittadini vaccinati, su 70, che fanno il 28% del totale. Facciamo un esercizio poco visto nelle cifre che girano: sommiamo i vaccinati nei paesi Ue. 30 milioni di vaccinati su 446 costituiscono l’8% del totale, che sconta il ritardo da Londra che abbiamo spiegato al punto 1, ma ci colloca comunque davanti ai grandi Paesi (Russia, Cina e India), secondi solo a Usa e UK;
  4. Non neghiamo che la Commissione abbia trattato con leggerezza il rapporto con le aziende farmaceutiche, nella misura in cui bisognava costringerle a rispettare le consegne, come si sta pensando di fare ora, vietando l’export extra-europeo, se non si soddisfino prima le esigenze dei Paesi Ue, come da accordi. Credo meno invece alla favola raccontata da alcuni parlamentari europei che impazzano sul web, che avrebbero voluto una gestione tutta pubblica… temo che sarebbe andata peggio e comunque, se guardiamo le cifre investite, quelle private non sono inferiori a quelle delle Istituzioni Ue. Dunque, anche da questa stramaledettissima crisi, se ne esce solo mettendo insieme pubblico e privato, non gli uni contro gli altri.

In conclusione, non posso non citare un fatto gravissimo, emerso proprio mentre scrivo: il dossier Khashoggi, reso pubblico dalla nuova amministrazione Usa fa emergere la chiara responsabilità del “rinascimentale” MbS. Noi lo avevamo denunciato fin dal momento in cui il barbaro omicidio fu perpetrato. E cosa accadrà ora? Non ci aspettiamo che non ci siano gravi conseguenze. È finita l’era in cui i rapporti tra Stati non siano influenzati anche da valori etici e di rispetto dei diritti fondamentali.

Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.

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