Il negoziato Ue-Uk è nella sua fase finale (meno di un mese alla scadenza prevista). È tutto molto penoso e il futuro del Regno è molto incerto
Dopo una pausa di circa sei settimane dovuta alla pandemia, sono ripresi i negoziati fra l’Unione europea e il Regno Unito sulla Brexit. Due sono stati a oggi gli incontri (ne erano previsti cinque) e le cose non procedono bene. Diversi analisti sono tornati a parlare dell’ipotesi che alla fine del 2020 la Gran Bretagna lasci l’Europa con un no deal, e lo stesso Michel Barnier, che guida la delegazione europea, ha ammesso, dopo il secondo round di colloqui, che i risultati sono “deludenti”, perché “la Gran Bretagna si è rifiutata di impegnarsi su una serie di questioni fondamentali”.
Il periodo di transizione potrebbe essere prolungato ma, in base agli accordi, il Regno Unito dovrebbe farne richiesta entro giugno, cioè in un tempo brevissimo, mentre sono previste solo due ulteriori settimane di negoziati, dall’11 maggio al 1° giugno. Il negoziatore europeo ha fatto sapere però che il Regno Unito ha escluso un’estensione del periodo di transizione della Brexit, respingendo anche un’eventuale richiesta della Ue in tal senso.
I nodi sono ancora parecchi, i più spinosi soprattutto tre: a) la pesca (l’accesso alle acque britanniche), b) il ruolo della Corte di Giustizia dell’Unione europea e c) la concorrenza, il cosiddetto level playing field, l’allineamento normativo che Bruxelles vorrebbe imporre per evitare rischi di concorrenza sleale (aiuti di stato, fiscalità, ecc…) e che invece Londra rifiuta categoricamente. Intanto, la pandemia di coronavirus ha chiuso le scuole, i ristoranti, ha svuotato gli uffici del Regno, fermato le fabbriche. Il Fondo monetario internazionale prevede quest’anno un calo del 6,5% del prodotto interno lordo della Gran Bretagna. L’ ufficio per la responsabilità di bilancio fa previsioni anche peggiori, affermando che l’economia del Paese potrebbe contrarsi del 35% nel secondo trimestre e del 13% per il 2020.
Inoltre, il Regno Unito, che ha imposto il lockdown tardivamente, sarà probabilmente uno degli ultimi Paesi europei a riaprire e a ripartire. Il danno economico dell’epidemia, abbinato a un’uscita senza accordo, rischia di essere una combinazione distruttiva. Nei giorni scorsi, diversi scienziati britannici hanno lanciato un ulteriore allarme: il ruolo del Paese nella ricerca sul Covid-19 rischia di essere fortemente ridimensionato se il Regno Unito uscirà dall’Ue senza un accordo.
In conclusione, l’ipotesi di un cattivo accordo o di un no deal si avvicina pericolosamente e, anche se gli interessi in gioco sembrano essere soprattutto quelli europei, in realtà sarebbe il Tegno a uscirne con le ossa rotte da un no deal, come sta già accadendo per fronteggiare un mostro come il coronavirus senza il bazooka europeo. Che triste addio…