Assange, libertà di stampa a rischio

È molto pericoloso quanto sta accadendo nella vicenda Assange. Se davvero finisse per prevalere la forma sulla sostanza, la nostra libertà ne uscirebbe a pezzi

Un nuovo capitolo si è aperto nella vicenda del giornalista Julian Assange.

L’Alta corte di giustizia di Londra ha ribaltato l’esito del giudizio emesso da un tribunale britannico lo scorso gennaio, che negava l’estradizione negli Usa del giornalista australiano detenuto nel carcere londinese di Belmarsh. L’Alta corte ha accolto il ricorso del team legale americano, che ha contestato il pericolo di suicidio alla base della prima sentenza. Assange soffre di depressione e, secondo la perizia degli psichiatri che lo hanno visitato in carcere, avrebbe tendenze suicide.

I giudici hanno però accettato le rassicurazioni di Washington sul trattamento carcerario: Assange, se estradato, non dovrà affrontare l’isolamento o una prigione di massima sicurezza e, in caso di condanna, potrà scontare la pena in Australia.

Chi è Julian Assange

Sul fondatore di WikiLeaks pende la condanna per la violazione dell’Espionage Act americano, per aver sollecitato, raccolto e pubblicato documenti militari statunitensi che rivelarono segreti e abusi commessi in Afghanistan e in Iraq: circa 90.000 rapporti di guerra sull’ Afghanistan, 400.000 sull’ Iraq e 800 informative sui detenuti di Guantanamo Bay. A catturare l’attenzione internazionale è stato soprattutto il filmato diffuso in rete nell’aprile 2010, in cui si vede un elicottero dell’esercito degli Stati Uniti sparare e uccidere dodici civili a Baghdad, tra cui due giornalisti dell’agenzia di informazione Reuters.

Ad Assange non viene riconosciuto però lo status di giornalista e per questo non si ritiene applicabile alle sue divulgazioni il primo emendamento della Costituzione degli Stati uniti. Quella tutela che venne applicata invece ai Pentagon Papers pubblicati dal New York Times e dal Washington Post, che rivelarono vicende e retroscena della guerra del Vietnam. Se Assange venisse estradato, potrebbe ricevere una condanna fino a 175 anni di carcere.

La sua compagna, Stella Morris, ha definito la sentenza “pericolosa e fuorviante”, come anche “inaffidabili” le rassicurazioni sul trattamento carcerario. La squadra legale del fondatore di WikiLeaks ha annunciato un ulteriore appello.

Noi di eastwest non siamo mai stati tra coloro che considerano Assange un santo, anzi personaggio complesso, controverso e probabilmente eticamente non irreprensibile. Tuttavia, non si comprende come si possa condannare una persona per aver divulgato informazioni ritenute riservate, sull’assunto che Assange non sia un vero giornalista e quindi non protetto dal primo emendamento… La verità è che, grazie alle rivelazioni di WikiLeaks, l’opinione pubblica internazionale ha potuto capire quali gravi falle fossero presenti nella democrazia americana, spingendo certamente anche il dibattito democratico interno verso un monitoraggio più accurato di alcuni meccanismi decisionali rivelatisi distorti.

Noi speriamo dunque, anche a beneficio della reputazione di Washington, che Assange non sconti un solo giorno di prigione; diversamente, sarebbe difficile per le autorità Usa spiegare l’eventuale condanna a più di cento anni di reclusione.